La buona condotta delle librerie aperte.

Oggi in molte regioni italiane si sono alzate nuovamente le saracinesche delle librerie.

E’ una bella notizia, certi luoghi sono più di quello che sembrano: prendersi cura di ciò che è oltre i corpi diventa in molte circostanze essenziale. La storie che più ci hanno commosso in queste settimane sono state proprio quelle di medici, infermieri, operatori sanitari che hanno saputo guardare oltre il corpo piagato dal virus, somministrando assieme alle medicine tutta la loro umanità. Mi chiedo come mai il provvedimento che ha giustamente riaperto le librerie non sia stato esteso alle biblioteche e soprattutto mi auguro da ex libraio che questo sia solo il primo importante riconoscimento di questi salvifici presidi socio culturali, indispensabili, assieme ad altri, alla vita di una comunità.

Fa piacere che si sia riaperto uno spiraglio per dare aria a luoghi così importanti per il Paese, ma è lecito domandarsi che ruolo avranno da oggi in poi i libri, la cultura, i teatri, la scuola in quello che si prefigura come punto simbolico di una nuova sartoria.

Premesso che qualsiasi dibattito, se non vuole sembrare pretestuoso, deve fare i conti con l’indispensabile sicurezza di chi svolge la professione è importante ribadire che ogni decisione che verrà, presa da qui in avanti, non potrà non avere una dimensione simbolica e non potrà prescindere da una naturale domanda che nascerà spontanea nella mente di ciascuno di noi e che fino ad oggi è stata riposta nell’armadio della paura.

Perché quella determinata cosa sì può indossare e quell’altra invece no? Perché la divisa del ferroviere può essere portata, mentre quella della commessa dell’Oviesse deve restare appesa ancora per un po’ nell’armadio? Perché può tornare ad esercitare il tintore, ma deve restare a casa il parrucchiere? E’ sotto il peso di domande così semplici che potrebbe determinarsi la tenuta della Nazione.

Se è vero che non si può chiudere sottochiave l’intero armadio lavorativo del Paese è ugualmente vero che ogni singola riapertura, ogni concessione, ogni nuova ripartenza avrà una percentuale di rischio, che dovrà essere attentamente calcolata e contata sulla scala di altrettanti benefeci.

Le decisioni del Governo d’ora in poi saranno ancora più complicate perché non prenderanno più la misura della vita o della morte, ma dovranno volta per volta setacciare l’utile cosiddetto dall’inutile predeterminato, il necessario dal superfluo, il concreto dall’astratto.

Riaprire alle brevi passeggiate vicino casa con i bambini, poi alle librerie e i negozi di abbigliamento per i più piccoli ha di fatto determinato l’avvio di quello che sino a ieri avevamo guardato come un capo rassicurante: lo spolverino del dopo.

Se si riaprono le librerie, si rimettono in moto le fabbriche, si ritorna a produrre, allora bisognerà pensare anche a modalità in grado di garantire in sicurezza la riapertura delle scuole, delle università, dei teatri. Presto il Governo dovrà prendere atto che i luoghi culturali non possono essere guardati in modo diverso da intere porzioni di comunità.

La società è fatta di relazioni e non è possibile, se non a costo disarticolare il tessuto sociale, scucire un filo senza rischiare di rovinare l’intero capo.

Il pericolo è quello di ritornare a leggere la decisione di oggi, che personalmente mi sento di sostenere, come una scelta di mercato che tradisce una visione ancora una volta dettata dalla distinzione fra consumo e fruizione (l’unica che sono in grado di percepire fra una libreria e una biblioteca), tra cliente e cittadino.

Dopo il 3 maggio, ammesso che si possa riaprire, bisognerà ripensare alla scuola. Trovare delle modalità per ritornare in aula (sportelli didattici per singoli utenti o piccoli gruppi, lezioni di supporto per i ragazzi più fragili, attività di recupero per gli allievi diversamente abili, appuntamenti con gli allievi per la restituzione delle attività sviluppate con la didattica a distanza), riprogrammare la data della chiusura delle scuole, studiare un modo per concludere in modo dignitoso un ciclo di studio (non per esaminare, ma per prendere congedo), offrire un commiato alle classi, dare l’occasione alla comunità di guardarsi negli occhi appena finita la tempesta è più importante di qualunque voto, di qualunque esame.

One Reply to “La buona condotta delle librerie aperte.”

  • Penso che riaprire le librerie sia molto importante: molte persone non vedevano l’ora di andare a comprare un libro e leggerlo. Penso che in questi giorni ci andrò anch’io.

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