La buona condotta del 29 agosto 2019.

Le ferie sono finite, ma il mio Consiglio di Classe non inizia.

La classe che precede la mia pare sia difficile: una di quelle con qualche allievo reticente. La discussione si fa serrata e al corridoio da dove scrivo arrivano argomentazioni ferme, ma non abbastanza da non superare le pareti di cartongesso. Gli esami di riparazione (o di promozione, come preferisce qualche Dirigente) sono l’ultimo volume di una voce che spegne un anno; sono respiri senz’appello.

Dentro o fuori: non ci sono ulteriori scuse.

Promuovere o bocciare un adolescente non è una scelta da fare a cuor leggero. I miei ragazzi di quindici anni sono grumi non sempre facili da sciogliere e certi giudizi sospesi pretendono di restare tali.

Oggi, all’esame ci sono magliette diventate troppo piccole nel giro felice di una sola estate, occhi ancora umidi, sorrisi più sbrigativi.

Questo è l’unico momento dell’anno in cui percepisco con nettezza la loro trasformazione: i loro corpi cambiano e i nostri sguardi troppo stretti rassomigliano alle loro maglie.

Sono fortunato: non genericamente per la mia vicinanza ai ragazzi, ma per l’opportunità che offre il mio mestiere di spiare la loro forza, il dolore che provoca ogni trasformazione, il sudore e la noia di chi tenta di piacere a tutti.

Qualcuno, non lontano dalla cattedra su cui sono appoggiato, beve un succo di frutta. Il caldo è ancora il solo protagonista di questi luoghi e nella periferia del Sud i grilli restano a lungo gli assunti più ascoltati.

La mia collega, Elena (non ho mai usato un nome vero in questo blog, ma qui faccio un’eccezione) vive i suoi ultimi giorni da insegnate di matematica.

La ascolto ammirato, mentre raccoglie i pezzi dei suoi quarant’anni di onesta professione.

Le paste che appoggia su un banco sono il suo ultimo atto di gentilezza, ne farà certamente molti altri fuori dalla sua scuola. Spero di diventar vecchio con la sua stessa forza, il suo stesso coraggio, la sua stessa pacatezza, la medesima nostalgia che leggo nel suo ultimo giudizio.

Certe volte non te ne vorresti andare, eppure devi.

Mi chiamano, ci chiamano.

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