La buona condotta e la democrazia del corpo.

Credo di poter dire con tutta franchezza che la misera del virtuale oggi abbia toccato punte altissime. Un picco, direbbe uno di questi virologi o epidemiologi che girano di canale in canale andando più veloce del pollice che tenta ingenuamente di scansarli premendo sul telecomando.

Non parlerò del tema del contendere di cui ho già discusso e sul qual non intendo ritornare, né offrire uno spaccato dell’ennesima riunione collegiale. In queste pagine dedicate alla buona condotta le riunioni sono state oggetto di diversi racconti, ahimè tristissimi.

Quello su cui voglio ragionare un momento è il paradosso di queste riunioni virtuali, il guasto offerto dalla mancanza dei corpi, letti qui come vere e proprie sentinelle dell’altro.

Pensateci un momento.

La riunione, fino alla pandemia, era generalmente un incontro fisico, uno spazio abitato da corpi che dovevano muoversi per arrivare all’incontro con l’altro. C’era in questo movimento verso il luogo dell’appuntamento un primo segno di disponibilità, fra l’altro tale segno era preceduto da un doversi preparare, vestire in modo adeguato, radersi e profumarsi. Fare poche centinaia di metri, come capitava a me quest’anno o diversi kilometri, come toccato in sorte ad altri miei colleghi.

Il segno fisico della propria presenza, era già un primo atto d’amore per la comunità, un distintivo del disponibile.

In queste riunioni, invece, si viene catapultati, attraverso il tasto live di una piattaforma, in una stanza virtuale dove i corpi evitano persino di essere dei simulacri. Tutti, ad eccezione di qualche sbaglio che viene subito corretto, hanno le telecamere dei Pc rigorosamente spente.

La forma LIVE, che dovrebbe essere dal vivo, diventa nel giro di una frazione di secondo DEAD: l’annuncio è dato da un manifesto funebre che contiene, in rari casi, la propria foto, oppure, molto più spesso, iniziali lapidarie.

Il funerale del corpo, si trasforma ben presto, nel funerale della democrazia. Il parlare smozzicato, la necessità di non intervenire per non interrompere il flusso dei dati, il dialogo complicato da non poter guardare in viso l’interlocutore, la moderazione del dibattito falsata dall’errore tecnologico trasforma quello che dovrebbe essere un generatore di verità, in un bizzarro soliloquio.

Se in tante riunioni, i più accettavano di legare l’asino dove credevano volesse trovarlo uno che si era auto dichiarato padrone, qui, pare, che l’asino sia scappato.

Il rischio è quello di rispondere senza sforzo alla voce dell’auto dichiarato padrone che fa e disfa: venuta meno la necessita di dover spostare il corpo, cessato l’attrito della presenza, l’obbedienza si mostra in tutta la sua naturale facilità.

Il carisma, nemico di ogni forma autenticamente democratica, può tranquillamente rinunciare ai suoi occhiali da sole, il verbo può tornare al suo principio senza dover sacrificare la sua carne.

La bandiera bianca non sventola più sul ponte, ma è diventata uno straccetto da scrivania.