Per un insegnante ci sono diversi modi di entrare in classe, come per un attore di entrare in scena.
L’ingresso è tutto. Dopo quasi quindici anni di onesta professione potrei raccontare le qualità di un collega, solo guardandolo entrare in classe.
Contato fino a dieci ed esercitate le indispensabili cautele del dubbio, appena dopo aver pronunciato la prima battuta, si potrebbe tentare la divinazione, predire il futuro dell’ora di lezione.
L’attore, fra i più sfortunati, manifestandosi ad un pubblico non pagante, sfornito di biglietti, distratto dai propri ormoni, dalle vecchie crisi adolescenziali e dalle nuove tecnologia si gioca tutto già dall’ingresso.
Il rito dell’entrata in aula si distingue, prima di ogni altra cosa, se la drammaturgia della professione è all’inizio dell’opera o a alla fine del dramma.
Un professore al suo primo ingresso di giornata in aula è facilmente riconoscibile: i suoi vestiti e le sue mani non sanno di gesso, i libri, la borsa e i quaderni conservano ancora l’ordine compito dell’attrezzista, lo sguardo, il trucco e il parrucco non tradiscono traumi. I professori più diligenti, o semplicemente quelli alle primissime armi, sono pronti dietro la porta a guadagnare il palco con determinata volontà. Quelli che hanno la fortuna di iniziare assieme agli alunni sono già in classe, prima della campana, con il libro preparato sulla cattedra e la posa plastica di chi aspetta la luce per un inizio a sipario aperto.
L’ingresso in classe dopo qualche scena è, invece, una complicazione di non poco conto. L’anno scorso avevo un giorno in cui facevo il mio ingresso a scuola alla 5 ora. Praticamente, mi presentavo al pubblico nella penultima scena. Entrare nell’ultimo scorcio della rappresentazione significa (in)caricarsi dell’accaduto, sostenere il peso del prima, oppure godere del lavoro ben fatto di chi ti ha preceduto. In alcuni casi un vantaggio, una benedizione che riserva all’ultimo arrivato gli applausi che gli altri prima di te si sono dovuti conquistare con fatica e sudore, in altri la maledizione di sopportare fischi che erano difficili da evitare.
In mezzo agli estremi, primi o ultimi, ci sono almeno tre accorgimenti che un attore, pardon un professore, dovrebbe sempre tenere ben in mente quando entra in classe.
Il primo riguarda l’ingresso, che io definisco per gioco, del reazionario. In verità è per me uno strumento di riconoscimento, un tentativo di spezzare il tempo scuola con un gesto fisico rituale, utile a scrollarsi di dosso la polvere dell’ora precedente. Si entra. Si guarda il pubblico, si aspetta. Se l’applauso al primo attore o l’alzarsi in piede degli studenti non viene scambiato per un segno di deferenza, francamente inutile e stucchevole, ma piuttosto per un riguardo, allora direi che quello può essere considerato un buon modo per iniziare, accomodarsi in un gesto di cura per poterlo presto ricambiare.
Il secondo accorgimento cui ci si deve ricordare per un ingresso efficace è quello del non ciondolare una volta in aula. Se gli allievi hanno minimamente l’idea che non si è pronti alla lezione, non si conosce la parte a memoria, non si è ben consapevoli da dove si viene e dove si vuole andare, l’ora può considerarsi perduta. Basta un minimo accenno ad una questione tralasciata, un errore trascurabile, un fuori programma improvviso per dare avvio al chiacchiericcio che ci condannerà alla campana.
Il terzo accorgimento è quello di non chiudere mai la porta dell’aula all’inizio della lezione, con la sola eccezione dell’ora consecutiva all’intervallo. Lasciare per qualche minuto la porta aperta presentandosi in scena, oltre a permettere la libera circolazione dell’aria e delle idee, serve ad offrire ai ragazzi il necessario orizzonte di fuga. L’attenzione è il colle della libertà.
Una volta sul colle, bisognerà inventarsi una siepe.
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La proposta è quella di scrivere un articolo da uno dei seguenti spunti:
“I trucchi del mestiere dello studente” (formato word 300/400 parole, non più di 1500 caratteri)
“Intervallo” (formato word 300/400 parole, non più di 1600 caratteri)
“L’ultima ora di lezione” (formato word 300/400 parole, non più di 1600 caratteri)
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