Luis Sepúlveda è ricoverato ad Oviedo in Spagna.
Il primo marzo scorso gli è stato diagnosticato il Coronavirus.
Ho avuto la fortuna di conoscerlo qui a Castrovillari, il 26 marzo del 2004. Ho scambiato con lui pochissime parole, grazie all’assessore alla Cultura della Provincia di Cosenza, di allora, la professoressa Donatella Laudadio. Allora, facevo il libraio, avevo una piccola libreria. Si chiamava Moby Dick, libri nel ventre della balena. Fu una mattinata di rara bellezza, una di quelle mattine con tanti ragazzi e il profumo del pane appena sfornato.
Avevo incontrato una storia di Sepulveda per caso, probabilmente nella stagione 1999/2000, in un teatro off di Roma, dove una compagnia, di cui non ricordo praticamente nulla, portava in scena un adattamento da un suo romanzo: Diario di un killer sentimentale.
Da allora, a ritroso avevo letto Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, Il mondo alla fine del mondo, Un nome da torero, e puntualmente comprato i suoi libri (purtroppo non proprio tutti) alla comparsa nelle librerie. L’ultimo libro comprato e letto è stato Storia di una balena bianca raccontata da lei stessa. Una storia mitologica che custodisce la segreta voce dell’inafferrabile Balena Bianca.
Sono convinto che Luis Sepúlveda vincerà anche questa disputa: il nipote di Ricardo Blanco è un combattente e questa non è la sua prima battaglia.
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MOLESKINE
E’ un taccuino con la copertina nera che mi accompagna sempre e in cui riverso i miei dubbi, i miei stupori e le mie rabbie di ogni giorno. Sulle sue pagine butto giù articoli, capitoli di romanzo, racconti, ricette di cucina, dichiarazioni d’intenti o promemoria di impegni che in genere dimentico. Ho un rapporto passionale con le Moleskine e quando una lettrice o un lettore complice – per questo scrivo, per creare complicità – me ne dà una, vergine e ancora avvolta nel cellophane, gliene sono grato. Ma prima o poi arrivo sempre alla fine dei fogli, divenuti ormai pagine, e quando le rileggo in una breve cerimonia d’addio prima di inaugurarne una nuova, guardo quanto ho scritto e, di solito, scopro che non ho perso la capacità di stupirmi. Rileggerle è riavvolgere la vita e vederla scorrere fugace, fotogramma per fotogramma. Come appaiono diversi gli articoli nella loro versione originale, prima di venire tagliati per motivi di spazio, come mi sembrano ingenue le aggiunte a un capitolo con l’indicazione «impossibile da inserire » o «chissà se si potrà usare».
I testi che seguono sono tratti dalle tre Moleskine che ho finito tra il gennaio 2002 e il marzo 2004 e da allora, come scrisse Van gogh al fratello Theo, «i mulini non ci sono più, ma il vento è sempre lo stesso»
Tratto da “Una sporca storia”, Parma, Guanda, 2004.
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Il compito per i miei allievi è quello di tenere un Diario di questi giorni. Battezzate un quaderno (non potendo procurarvi una Moleskine) e scrivete almeno 5 righe al giorno. Cinque. Non una di più, non una di meno. Da domani si scrive.
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