La buona condotta e il Preside di Marco Lodoli

Un Preside Don Chisciotte in una scuola ormai perduta dietro alla didattica della competenze. Un Preside asserragliato in una scuola, barricato dentro il senso stesso di una scuola che vuole diversa. Un Preside disinvolto, autentico, che chiede ad un collegio docenti di non seguire l’ordine del giorno, di pensare almeno una decina di minuti, ognuno per conto suo, ad una cosa bella, un Preside che non vuole cedere ai due terribili ispettori che seguono il vecchio adagio freudiano che vuole l’educazione come una lunga opera di repressione.

E’ questo e molto di più l’ultimo romanzo di Marco Lodoli.

Qui vi propongo un passaggio del libro:

“Allora una mattina che pioveva forte ho pregato gli insegnati di interrompere le loro lezioni e di portare tutti i ragazzi a guardare la corrente metallizzata che nel diluvio scorreva sul Raccordo. Le gocce rimbalzavano sui lettini delle macchine, e le ruote sollevavano fontane d’acqua sporca, i camion viaggiavano come navi nel fiume, rallentavano, ripartivano più veloci. Contro i vetri, i ragazzi facevano chiasso, ridevano e sis sentivano imbarazzati, stupidi a star lì a contemplare il tempo, poi però a poco a poco, si sono quotati, non parlavano più, qualcuno aveva la bocca socchiusa, gli occhi fissi, i piedi finalmente fermi. Domani dobbiamo far scrivere agli studenti un commento su quello che hanno visto, vero preside?, mi ha domandato una professoressa di lettere che per ogni allievo ha cento voti, lo consideriamo un esercizio di descrizione del paesaggio, va bene preside? Per cortesi, non faccia niente. Niente la prego. E guardi anche lei senza pensare a niente, se ci riesce. “Ciò che è fuori, puro, solo dal volto/ animale lo sappiamo; perché già tenero/ il bimbo lo volgiamo indietro, che veda / ciò che ha forma, e non l’aperto”: ha mai letto questi versi di Rilke, professoressa? Ottava elegia duinese, le piacerà: Pioveva sempre più forte, i fulmini e i tuoni stracciavano l’aria, le macchine e i camion sembravano più piccoli ed indifesi, molti avevano i fari accesi per vedere e farsi vedere, e continuavano a scorrere come attimi. Ho aperto una finestra, un’altra, un’altra ancora, è entrata un’aria bagnata, frizzante, profumata di pioggia e benzina. Siamo rimasti quasi più di un’ora sulla riva del Grande Raccordo, come profughi su una frontiera, e io sentivo che i ragazzi capivano, anche se non avrei saputo dire che cosa, forse perché certe scoperte non hanno parole.” Nel giorno del Giudizio saranno pesate le loro lacrime.”

______________________________

Marco Lodoli, Il preside, Einaudi, intervista di Loredana Lipperini a M. Lodoli a Fahrenheit

Recensione da “La Repubblica” di Maria Anna Patti