La buona condotta del 16 dicembre 2019.

Nel diffuso documento, stilato dopo la visita, dal Nucleo Esterno di Valutazione, al fine di valutare la scuola dove lavoro, ci sono alcuni principi di buon senso, tanti passaggi discutibili, alcuni vergognosi, ed uno che temo possa riassumere i tempi terribili in cui mi trovo (ci troviamo) a vivere.

Fra le indicazioni di miglioramento individuate dal NEV nell’area Territorio e Famiglia si può leggere una fra le locuzioni più stupide della storia contemporanea: organizzare eventi.

Senza nulla togliere a chi, per mestiere, è costretto a sbarcare il lunario organizzando eventi, mi chiedo con terrore quando e come il termine evento sia entrato a far parte della comunità scolastica.

La parola evento è antichissima. Per molto tempo il termine ha essenzialmente indicato ciò che è accaduto o ciò che accadrà in futuro. Spesso la parola evento era associata all’aggettivo lieto, un matrimonio, una nascita, oppure associata all’aggettivo triste, una catastrofe, una terribile malattia o un funerale.

Più avanti, con il post evo moderno, l’evento, che dominava la vita dell’uomo imponendo la sua indiscutibile ragione, è diventato una sfida, un prodotto da realizzare, una nuova religione che richiede una specifica organizzazione.

Se prima la comunità si occupava di annotare gli eventi accaduti per consegnarli ai posteri, oggi la comunicazione, che ha rubato il posto alla comunità, si fregia di poter stabilire secondo il proprio arbitrio gli annali da tramandare.

E’ così che un dibattito, un film, un quadro, un partito politico o una produzione teatrale, e da ieri, ahimè, anche la mia scuola deve, prima ancora di essere, trasformarsi in Evento, organizzarsi come baracca.

Fatta la baracca, pronti i burattini.

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Immagine: Olympic rings di Banksy