Buona condotta del 28 novembre 2018.

Il ricevimento genitore è un appuntamento immancabile del mestiere dell’insegnante ed un osservatorio privilegiato del nostro essere comunità.

Da che ho cominciato a fare questa professione avrò visto migliaia di uomini e donne impegnate nel lavoro più complicato: quello di essere madri e padri. Hanno sfilato davanti a me centinaia di famiglie di diversa estrazione sociale, culturale, economica. Indegnamente ho raccolto le loro domande, i lori dubbi,  le loro incertezze, ho fissato negli occhi la loro fatica o il loro agio. Parlando con la mamma, il papà di Katia, la sorella di Giulia, il nonno di Andrea ho scoperto mondi che non conoscevo, ho capito la rabbia e la vergogna di certi sguardi.

In alcune occasioni mi succede anche di smettere i panni del professore e indossare quelli del padre. Certe volte incrocio sguardi così dignitosi ed affaticati, che gli occhi quasi non reggono alla commozione. Quando accade il miracolo di avere difronte una mamma separata, che ha saputo tirare su la figlia educata e responsabile, nonostante la fatica e il dolore di un fallimento, allora l’unica cosa che sono capace di fare è chiedere un consiglio, scovare un ingrediente  di quella preziosissima ricetta.

Mentre questo accade, c’è qualcuno che fa segno di stringere e altri che consigliano la brevità.

Stretti gli occhi e le mani, mio malgrado, concludo. 

_____________________________________________

Con i genitori non si instaura un regime di concorrenza, ma di cooperazione. Si sostengono i genitori nelle salutari battaglie con i figli, tranquillizzandoli, e ci si fa da loro sostenere, se ce n’è necessità. Ho insegnato spesso ai genitori che dire no non è un onta che si lava con il sangue, ma un modo di dare all’adolescente delle regole. Ai genitori spiego spesso quali battaglia ho intrapreso con la classe e con il loro figlio: consento loro di capire che vedo in classe un aspetto del loro bambino che non è sfuggito ai genitori perché sono cattivi genitori, ma che quell’aspetto non possono coglierlo, perché non vedono il figlio nella situazione formalizzata di un gruppo classe. Non è vero che il bravo insegnante legge dentro gli alunni […] e non è vero che conosce i figli meglio dei genitori: ne conosce lati diversi.

Antonella Ghibaudi, professoressa scuola secondaria di secondo grado.

da “La mia scuola” a cura di Domenico Chiesa e Cristina Trucco Zagrebelsky, Torino, Einaudi, 2005.