Buona condotta del 24 ottobre 2017

Pare davvero che la storia non interessi più a nessuno.

E’ dei giorni scorsi la notizia che il Presidente Donald Trump vorrebbe  mandare in soffitta una delle pietre miliari della fine della guerra fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica.  Il trattato firmato, nel 1987 a Washington da Ronald Reagan e Michail Gorbaciov per limitare il numero dei missili dispiegati in Europa, frutto di uno storico vertice tra i due leader, dovrebbe essere superato da ciò che è stato definito da qualcuno un aggiornamento.

La scuola non è un isola e gli aggiornamenti sono irresistibili.

L’eterno presente ha trovato posto anche fra i banchi e la doppia bocciatura della storia come disciplina lo conferma.

Con la circolare del 4 ottobre u.s. il Ministro Bussetti ha comunicato la scomparsa della traccia di storia. La Tipologia C in dieci anni di esami di Stato (2008 al 2017)  è stata pressoché ignorata. Facendo una media complessiva, solamente il 3% dei maturandi ci si è cimentato. Nel 2010 la traccia sulle ‘Foibe’ fu scelta dallo 0,6% degli studenti.

Si sa, di questi tempi lo share è determinante, e persino il professor Luca Serianni ha dovuto cedere alla ferrea legge della democrazia diretta. L’azienda scuola ha dovuto ritirare i prodotti invenduti. Ciò che si spera per il futuro prossimo è di non assistere al mercato del “volete voi latino o greco? Matematica o educazione fisica? Scienze o religione?”

Con Gesù o Barabba non andò benissimo e la cosa potrebbe ripetersi.

Naturalmente il declassamento della storia all’esame di Stato è solo la punta dell’ iceberg. Il progressivo smantellamento del sapere storico cominciò con la riforma Gelmini, otto miliardi di risparmi su cui furono immolate la storia dell’arte, il diritto, la terza ora di storia nell’ultimo anno (quello della maturità, appunto). Con la recente riforma degli istituti professionali non è andata meglio: consentito al collegio dei docenti la riduzione ad una sola ora settimanale l’insegnamento della storia nel biennio.  Nella mia scuola, lo scorso anno, si è deciso di  abbracciare la misura con gioia. Solo quattro contrari: quelli di italiano (nemmeno tutti), ormai soli e disperati.

All’università, ha spiegato Fulvio Cammarano, presidente degli storici contemporanei, negli ultimi dieci anni abbiamo perso il 30% delle cattedre.

In nome di sensibilità etiche presenti abbiamo decapitato ciò che gli antichi consideravano come magistra vitae. Del resto a cosa servono i maestri?

La verità è che senza conoscenza storica non esiste cultura, senza consapevolezza del proprio passato non ci sarà alcun futuro. Se è vero che la politica si nutre ormai di un eterno presente è altrettanto vero che la somma di questi continui attimi non segnerà, ad avviso di molti, alcun approdo.

Studiare la storia serve a difendersi meglio: ci si può difendere dalla propaganda di un Ministro, dalle parole usate a sproposito, ci si può difendere soprattutto dalla dittatura del presente.

Ci si può persino stupire di sviste identiche alle nostre: uomini che parevano eterni e sono passati in un attimo.

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In un tempo come il nostro, caratterizzato da una forte accelerazione dei mutamenti tecnologici e sociali, uno strumento essenziale per cercare di capire la direzione dei cambiamenti e aumentare la consapevolezza  delle nostre scelte consiste nel guardare alla storia su una scala temporale più ampia.

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La tendenza a privilegiare la storia recente, ritenendo che l’unica scala temporale che veramente ci interessi sia quella di breve periodo, è effetto e causa di profonda ignoranza.

Segmenti e Bastoncini di Lucio Russo, Milano Feltrinelli, 2000