Lo scrittore è un portavoce.
22 Ottobre 2018
Nei giorni scorsi alla Freccia Azzurra, libreria nata dalla passione di Alessandra Stabile, ho avuto la fortuna di conoscere Bernard Friot. Noto ed originale autore, amato da bambini e ragazzi, Friot, prima di approdare alla scrittura, ha insegnato in una scuola di Lile e poi per quattro anni è stato responsabile del “Bureau du livre de jeunesse” a Francoforte. Il suo amore per i libri (specie quelli di cucina) lo ha spinto ad inventare storie. Lo scrittore pubblico, come ama definirsi in virtù della necessità di fare spesso incontri con il suo pubblico di giovani lettori per ricaricarsi di emozioni, ha offerto alla nostra piccola comunità diversi appuntamenti con le sue storie.
Si è ragionato, letto, discusso, giocato con le sue storie.
Il suo primo libro di racconti Il mio mondo a testa in giù ha vinto il Premio Andersen 2009 come migliore libro 9/12 anni e, pur non essendo appassionati di premi, dobbiamo riconoscere al libro una qualità straordinaria. Friot è un uomo umile, elegante, innamorato del caffè e dei bambini. La sua voce fina e melliflua ricorda quella che avevamo immaginato leggendo molti dei suoi personaggi malfermi.
Ciò che più mi ha stupito del suo mondo è il paradosso di una letteratura che pur non negandosi nulla della fantasia non perde mai di vista quella che Auerbach avrebbe chiamato la cicatrice di Ulisse.
Di seguito riporto una sua intervista, caldeggiata dal sottoscritto e realizzata con fine competenza da Alessandra.
D. Partiamo dal verbo leggere. Proviamo a declinarlo.
R. Io credo che il verbo leggere sia declinato in un senso troppo stretto. Leggere è per me una serie di momenti molto, molto diversi. Leggere è, per esempio, ascoltare una storia letta ad alta voce, e allora leggo con le orecchie. Leggere è scegliere un libro, che è cosa molto difficile perché vive nel guardare una copertina, saggiare un libro. Leggere è parlare di un libro. Leggere è ricordare un libro. Leggere è naturalmente aprire un libro per decifrarlo. Sono gesti diversi, è una pratica culturale da imparare con gli altri. La lettura non è il risultato di un corso di lettura, bensì un modo di comunicare, di integrarsi in una comunità. Non si legge mai da soli, anche se la lettura prevede momenti di intimità con l’oggetto libro. Quando mi ritrovo a cospetto del testo so che ci sono già stati lettori prima di me e ce ne saranno altri dopo. Entro nella comunità di tutti quelli che hanno letto quel determinato libro. Compito del lettore è quello dell’esperienza della lettura, determinante è vivere la lettura in ogni singolo momento. Così si diventa lettore. Il momento in cui leggo il libro è una delle componenti essenziali della lettura. Lo stesso libro può essere letto in tanti, tanti, tanti modi diversi. Io racconto spesso che ho scoperto la poesia nei libri di cucina perché mi piacevano i suoni dei nomi, dei piatti, perché ho sviluppato questo rapporto particolare con la lingua. La poesia è prima di tutto un rapporto con la lingua, non è solo un genere letterario. Ho letto i libri di cucina come si leggono i libri di poesia, senza saperlo.
D. Qual è l’ingrediente principale della lettura, che consiglierebbe ad un insegnante di tener presente nel suo mestiere?
R. L’ingrediente primo è il tempo. Lasciare il tempo di leggere. Forse la difficoltà maggiore risiede nelle tante, tante proposte. Spesso i bambini e i ragazzi non hanno tempo, o meglio non hanno il tempo specifico della lettura, che è dato da un ritmo differente. Altro elemento è quello della creazione di una comunità di lettori. Avere una comunità di lettori significa far vivere la lettura come scambio quotidiano. La lettura deve essere un fatto quasi banale: piccoli o grandi momenti giornalieri. La lettura non è un evento. Leggere deve essere come giocare, mangiare, ridere, annoiarsi.
D. Cosa significa oggi scrivere per i ragazzi? Che differenza c’è con uno come Gianni Rodari, che considera un suo modello, e che ha scritto nel dopoguerra?
R. Il compito della letteratura per l’infanzia, a mio avviso, non è cambiato. Prima di tutto aiutare i bambini a diventare lettori. Diventare lettori significa acquisire la capacità, la competenza di lettura per decifrare e interpretare il testo e poi consegnare loro le chiavi della letteratura, della narrativa: trasmettere i modi di raccontare storie, le strutture che ci permettono di tramandare le storie. Non è solo leggere, ma raccontare è un modo di comunicare. Noi scrittori abbiamo il dovere di aiutare i bambini a raccontare le loro storie. Leggere, scrivere, raccontare sono parenti stretti.
D. Gli insegnanti nei suoi libri sono spesso ridicolizzati. Perché?
R. Quando ho scritto i miei racconti ero un insegnante e penso che sia sano prendere in giro se stessi. Oggi che faccio il mestiere dello scrittore scrivo di scrittori ancora più ridicoli. Non amo i discorsi sulla letteratura e soprattutto la rappresentazione dello scrittore come un artista. Lo scrittore è un portavoce. Io scrivo con i bambini, nel senso che ascolto i bambini e scrivo per un pubblico che non può scrivere le sue storie perché non ha ancora le competenze, ma il mio compito è quello di ascoltare e tradurre quello che ho sentito, osservato, toccato con mano.
D. Quali sono le prossime pubblicazioni di Bernard Friot?
R. Prossimamente uscirà un albo illustrato, che è stato il mio primo racconto concepito in lingua italiana. E poi stiamo lavorando per la pubblicazione della versione italiana de’ L’ Agenda per un quasi poeta, la traduzione sarà della bravissima Chiara Carminati. Più in là un nuovo libro di racconti. Ringrazio molto il pubblico italiano. E’ bello fare incontri in Francia, ma l’Italia è un posto diverso. Qui è più familiare, diretto, caloroso.
Grazie.