La buona condotta del 10 febbraio 2019.

Non ho mai amato le commemorazioni, se poi tali commemorazioni avvengono a scuola ed iniziano con l’inno nazionale allora, certamente per un mio limite, mi capita addirittura di detestarle.

Nonostante ciò credo si possa cavare del bene da tutto: sono bastati tre ragazzi educati e discreti a riconciliarmi con la retorica del male assoluto.

Nel 2007, proprio nel bel mezzo della gara canora più celebre d’Italia, arrivarono due comici, Salvo Ficarra e Valentino Picone, a smascherare il rito dei fiori finti sanremesi (sì, lo so, Sanremo è la città dei fiori, e quelli dell’Ariston sono veri, ma alcune volte la finzione per eccellenza si insidia in ciò che si spaccia per verità).

E’ successo di nuovo nella mia scuola, proprio mentre tanti continuano a parlare di Sanremo e la Fenomenologia di Mike Bongiorno rinnova i suoi frutti avvelenati, due studentesse e uno studente spiazzano tutti recitando un monologo su Don Pino Puglisi che ha nella la forza ostinata della scrittura il suo centro di vita.

La giornata è quella della memoria, ma tutti si affidano a fogli di carta fitti di segni per letture più o meno circostanziate.

Loro non hanno bisogno di fogli. Hanno imparato la loro parte: la scrittura tiene ferme le loro spalle e la voce precisa riesce a farsi spazio fra l’indifferenza.

E’ un miracolo assistere, ogni volta, alla presa di uno sguardo, ad un orecchio che si tende alla voce.

La memoria è evidente: si è fissata nei movimenti, calibrando lo spazio dei gesti e pure se un paio di guanti neri non sono abbastanza per dare corpo ad un assassino, si può, grazie a queste gemme di umanità, provare ad amare tutti… anche le celebrazioni.