Il sabato del villaggio del 26 aprile 2019.

La lettura della biografia del Senatore Armando Siri, sottosegretario al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, basterebbe, a qualunque persona di buon senso, a spiegare lo sfacelo di questo Paese.

Ilsottosegretario del cambiamentonon solo è costretto a patteggiare una condanna per bancarotta fraudolenta, ma deve continuamente smentire di aver conseguito una Laurea in scienze delle comunicazioni, che gli viene attribuita da qualche maligno sin dal lontano 2004. 

Siccome le Lauree, pardonle disgrazie non vengono mai da sole, nei giorni scorsi si è aggiunta un’inchiesta che ha coinvolto il Senatore Siri in un presunto giro di tangenti pagate per ottenere favori e facilitazioni da alcuni imprenditori siciliani dell’industria eolica, alcuni dei quali sospettati di avere rapporti con esponenti di Cosa Nostra: un tal Matteo Messina Denaro di cui si sanno moltissime cose, eccetto i luoghi abituali di dimora.

Al di là dalle indagini in corso, di cui si occuperanno i Magistrati, viene da chiedersi come mai una bancarotta fraudolenta (ci si riferisce al crack “MediaItalia”, società da lui presieduta, indebitata per oltre 1 milione di euro) non sia sufficiente a tenere distante un tal personaggio da una scrivania ministeriale. Se è vero che la presunzione di non colpevolezza è il principio secondo cui un imputato è innocente fino a prova contraria è altrettanto vero che la bancarotta fraudolenta non è una medaglia al merito civile.

Chiedere le dimissioni mi sembra buono e giusto, l’ottimo sarebbe stato non attribuirgli la delega di sottosegretario di Stato.

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