Il sabato del villaggio del 16 maggio 2020

Avevamo studiato per l’aldilà
un fischio, un segno di riconoscimento.
Mi provo a modularlo nella speranza
che tutti siamo già morti senza saperlo.

E. Montale

Tenere i piedi ben piantati fra radici del male è stato il mio modo per comprendere questo strano tempo degli eroi. Confesso che, Mazinga Z a parte, non ho mai avuto simpatia per gli eroi. Persino l’ultimo lavoro di Banksy, artista che adoro e seguo da ormai molti anni, mi ha lasciato interdetto. La trasformazione di un’infermiera in una eroina, capace di soppiantare Batman e Spideman nei giochi di bambino, certamente poetica, non basta a far perdonare la prepotenza di Eracle, che si fregia della pelle dell’incolpevole leone di Nemea, per fortuna tramutato, poi, in una costellazione.

Solo una fatica, peraltro non riconosciuta da Euristeo, delle dodici compiute da Eracle per espiare l’uccisione della propria moglie e dei suoi figli, ha sempre catalizzato la mia attenzione: la pulizia delle stalle di Augia. Il Re dell’Elide, nel Peloponneso, era potente e ricchissimo. Possedeva più di più di tremila buoi di origine divine. Buoi che aumentavano in numero indefinitamente perché immuni da tutte le malattie. Augia, però, forse consapevole della loro impossibilità ad ammalarsi, non si curava di ripulire le stalle da oltre trent’anni, tanto che il letame si accumulava e cresceva, insozzando il cielo di puzza e di mosche. Fu Eracle a ripulire le stalle in un solo giorno, deviando i fiumi Alfeo e Peneo: in questa impresa, poco adatta ad un patinato reportage fotografico vive l’unico sforzo che riconosco al figlio della gloria. Uccidere, catturare, disperdere non valgono tanto quanto il prendersi cura. Era questo il messaggio dell’artista di Bristol? 

Serviranno, forse, dopo la sbornia di parole di questi mesi, gesti più comprensibili. Segni piccoli di umanità per riconoscersi nel vuoto. 

Buona domenica, amici.