Buona condotta del 22 dicembre 2018.

Con la circolare 129 si è data esplicita autorizzazione a ciò che tutti nella mia scuola definiscono autogestione. Deve essere una brutta parola in quanto nella medesima circolare compaiono due locuzioni differenti: settimana dello studente e settimana alternativa.

Certamente la gestione non è uno dei cavalli di battaglia della scuola pubblica: se si tratta poi di accostare alla gestione l’autonomia, l’impresa è davvero improba. 

Sulla locuzione settimana dello studente direi di soprassedere, si finirebbe solo per sommare giorni ad inutili ricorrenze.

Diversamente, per la settimana alternativa,  proporrei una mozione d’ordine: l’obbligatorietà dell’indicazione dell’alterno, ovvero la puntuale segnalazione di ciò che si sostituisce. 

Italiano è sostituito con Musica elettronica.

Storia è sostituita con Canto.

Matematica con il torneo di Ping Pong.

Sia ben chiaro, non ho nulla contro la musica elettronica, il ping pong e niente di niente contro con il canto. Mi sembra, però, che pur di non fare lezione, si tratti di attività di alternanza o di attività alternative, possa andar bene qualunque cosa… 

Un polemista potrebbe trovare abbastanza, in questi argomenti, per giustificare una pagina, ma io non sono uno che scrive per polemica, pur riconoscendo al genere uno storia di ben più salda della mia fatica da cronista.

Per me la questione è più seria. 

Dare ai ragazzi la possibilità di organizzare il tempo scuola a loro uso e consumo, sotto il celato ricatto di una presunta occupazione, è un atto sconsiderato. 

La protesta, se di protesta si tratta, privata da ogni obiettivo, è il segno più evidente del vuoto in cui i nostri giovani sono proiettati. Non è possibile costruire alcuna alternativa se non si dimostra adeguata consapevolezza del modello che si intende mettere da parte. Se si volesse abolire i programmi tradizionali (ormai ampiamente destrutturati dalle continue riforme) bisognerebbe trovare altri argomenti di discussioni, altri temi da trattare.

Se è vero che l’attività didattica non può trascurare il tema indennitario, è altrettanto chiaro che l’identità necessita di uno scontro dialettico. Il desiderio passa necessariamente dalla negazione di esso, dal freno più o meno imposto o più o meno consapevole. Desiderare come nulla fosse è uno delle sciagure della nuovo millennio. 

Se vuoi delle cose, devi conquistartele, devi lottare, devi dedicar loro tempo, perderti dentro il desiderio. 

Consegnare le chiavi di una scuola a chi ha manifestato il capriccio di chiederle non è educativo; non aiuta a capire il mondo; non crea spazi di consapevolezza.

Le nuove generazioni hanno il dovere di cambiare lo stato di cose e per farlo possono addirittura alzare il livello dello scontro. E’ già successo e probabilmente succederà ancora. Ciò che non può, non deve accadere, è simulare la rincorsa fra guardie e ladri, giocare al figlio buono ed il genitore accondiscendente.

Insomma, anche oggi, non ho fatto lezione.

Mi dispiace di aver sprecato il mio tempo, mi dispiace non aver potuto parlare di letteratura o di storia, mi dispiace e di non aver potuto augurare ai miei allievi e alle loro famiglie buon Natale.

Lo faccio da qui.