Buona condotta del 18 novembre 2018

Ieri, con alcuni amici, siamo andati in cerca di bellezza.

Pensavo, attraversando boschi meravigliosi e guardando mirabili paesaggi, che la scuola dove lavoro è brutta.

La sua nefanda bruttura è evidente in ogni porzione di sguardo. Ogni volume, ogni sezione, ciascun prospetto è manifesto del brutto. Se la bruttezza non bastasse a renderle giustizia si potrebbero aggiungere i cornicioni fatiscenti, la scialba pittura degli esterni, le finestre divelte, le recinzioni in ferro lasciate alla ruggine, lo slavato cancello, i cortili abbandonati, i cartelli illeggibili, le grondaie rattoppate, i tubi pluviali rotti, i pochi alberi ammalati.

Sulla vetrata, che non si è mai guadagnata la dignità di porta, campeggiano manifesti terrificanti. La grafica è sufficiente per giustificare la mancata partecipazione agli eventi. Alcuni sono talmente orripilanti da competere con l’intero istituto.

Una volta trovato il coraggio di attraversare l’uscio si scopre un dentro ancora più sciatto del fuori, confortato almeno dal sole. Abbandonata la luce, si possono ammirare pareti imbrattate, sedie consunte, vecchie suppellettili. La sala dei docenti è un luogo senza alcuna grazia, un abisso sospeso fra vecchi cassetti e scomode panchine. Anche i quadri appesi ed incorniciati sfoggiano cornici di cui Gombrich avrebbe potuto parlare per giorni.

Le aule sono gabbie sporche, spesso buie. Le grate alle finestre sono la testimonianza più spietata di un luogo violato. I banchi e le sedie sono reperti bellici, che potrebbero raccontare storie del secolo scorso.

I pensieri migliori dei maestri e le speranze appannate degli allievi abitano fra quelle pareti.

Non stupisce il fatto che persino i ragazzi meno fortunati vogliano tornare alle loro case. Solo il tepore invernale dei termosifoni, quando funzionano, promettono un calore che alcune volte le famiglie dei miei studenti non possono permettersi.

La scuola- scriveva un signore non esattamente istituzionale – dovrebbe essere il luogo più bello di ogni città e di ogni villaggio così bello che la punizione, per i ragazzi indisciplinati, sarebbe di esser privati della scuola l’indomani.

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Nella storia e nel panorama attuale italiano gli edifici scolastici e quelli per la cultura non hanno avuto un posto importante come meriterebbero.
Se e’ vero che le ricerche sociologiche e pedagogiche hanno assodato che l’ambiente dell’apprendimento incide per l’80% (!) sul rendimento degli allievi e sulle motivazioni dei docenti forse si è trascurato qualcosa…
La maggior parte degli edifici sono riciclati da altre destinazioni, riadattati da vecchi usi scolastici, o semplicemente usati come scuole così come sono

[…]

Poiché credo fermamente che le architetture specializzate debbano essere degli “specialisti” credo anche che poiché non se ne trovano dietro ogni angolo con le caratteristiche multidisciplinari e interdisciplinari richieste,è utile pensare ad una metodologia per la costruzione di uno stile in chiave moderna di progettazione delle scuole e degli edifici per la cultura che conduca a prodotti architettonici adatti alla fruizione del sapere e all’apprendere nelle varie età dell’apprendere, tecnicamente e funzionalmente avanzati, energeticamente ed ecologicamente sostenibili, corretti dal punto di vista dell’igiene e della sicurezza, architettonicamente autonomi e identificabili….che non li si debba riconoscere dall’esterno solo dalle bandiere o dalle locandine.

L’architettura della scuola. Un’idea per i luoghi della cultura e dell’apprendere di Giuseppe Campagnoli, Milano, Franco Angeli.