Alle urne!

Fra nove domeniche si tornerà ad eleggere i consiglieri regionali della Calabria, la regione dove sono nato e tornato a vivere da due anni, e i consiglieri dell’Emilia Romagna, dove ho vissuto per undici.

Sarà una tornata elettorale importante perché oltre a determinare i nuovi assetti regionali dei due territori, voteranno cittadini che segnano i loro passi su terreni assai diversi, in contesti molto, molto differenti.

Tre numeri possono dare idea del solco: il reddito pro capite per cittadino (33.041 euro per un residente in Emilia Romagna contro 15.934 euro per un calabrese), il tasso di abbandono scolastico quasi il doppio nella regione del Sud (20,3% contro l’11%), la disoccupazione giovanile quasi tripla in Calabria (55,6% contro il 20,6%).

In Emilia, si dovrà decidere se resistere a Salvini, continuando a sostenere il governatore uscente Stefano Bonacini, militante del Partito Democratico dagli anni ’90, discreto amministratore, incline, purtroppo, alle logiche di un mercato sempre più sordo alle istanze degli ultimi, alla privatizzazione dei servizi pubblici e colpevolmente consenziente alla lingua del cemento che si parla fra Campogalliano e Sassuolo.

Non ci si potrà sottrarre al sostegno del Presidente Bonacini, pur non condividendo la logica approssimativa del va tutto bene, madama la Marchesa e cercando una svolta in temi centrali quali la sostenibilità ambientale e la maggior tutela dei lavoratori giovani e precari.

Diversa la questione nella mia Regione, dove a 60 giorni dal voto non è possibile tracciare che qualche linea incerta sulla tela bianca del malgoverno.

Il Centro Destra ed il Centro Sinistra, e da l’altro ieri il Movimento Cinquestelle, sono alla ricerca dell’uomo che guiderà la macchina elettorale. Sembrano archiviate le candidature di Oliverio (almeno per il centrosinistra) e Occhiuto (per il centrodestra, fratelli permettendo), ma lo scontro all’interno delle colazioni sembra ancora forte e non sono esclusi clamorosi colpi di scena dell’ultimo minuto.

Ad affacciarsi al governo della Regione Calabria c’è anche Carlo Tansi, candidato alla presidenza con un insieme di liste civiche: “Tesoro Calabria un paradiso da cambiare”, un uomo da guardare con attenzione per i suoi lodevoli trascorsi alla protezione civile calabrese.

Il Movimento Cinquestelle sembra voler indicare Francesco Aiello (Docente di Politica economica presso l’UNICAL e fondatore del portale OPEN CALABRIA) come candidato, ma anche nel campo pentastellato non è detta l’ultima parola. Se per l’Emilia Romagna, insomma, l’unico nodo da sciogliere resta proprio il posizionamento dei Cinquestelle, in Calabria manca un’agenda politica, una riflessione seria e puntuale su quanto è stato realizzato dalla Giunta Oliverio, una strategia di sistema per superare problemi complessi a cui nemmeno il prossimo Presidente potrà dare risposte semplicistiche, suonando il piffero della propaganda.

Il timore di chi scrive è che anche le prossime elezioni regionali calabresi si possano trasformare in una guerra fra bande, dove l’unico obiettivo è quello di essere eletto ai privilegi dei consiglieri regionali. Privilegi che, per quel che mi riguarda, sarai disposto anche a tollerare se il prossimo Consiglio Regionale e la prossima Giunta riuscissero a migliorare sensibilmente le condizioni di vita dei calabresi.

Non credo si possa sopportare oltre un servizio sanitario assolutamente incapace di prendersi cura di una popolazione che diventa sempre più fragile per motivi di età crescente e di redditi inconsistenti; non credo si possa sopportare a lungo una scuola pubblica che è fra le meno efficaci della nostra misera nazione, non credo si debba guardare con rassegnazione all’emorragia di giovani donne e giovani uomini costretti a cercare fortuna altrove perché impossibilitati ad immaginare un futuro sereno per loro e per i loro figli nella loro terra.

In mezzo alla più drammatica crisi demografica della nostra storia recente (nel 2018 le nascite in Italia sono calate ancora di 18.000 unità) la Calabria, fotografata dall’ultimo rapporto Svimez, appare in tutta la sua miseria. Una miseria demografica, prima di ogni altra. Il futuro è il numero di una comunità sempre più piccola, sempre più avanti con gli anni e, ahimè, sempre più sola. La crisi drammatica delle nascite non investe solo la nostra fragile economia, ma disabbellisce la speranza di un territorio: due milioni di giovani in meno, nell’ultimo ventennio, sono una perdita che giustifica il lutto perpetuo delle nostre nonne.

Le forze di maggioranza dovrebbero tener presente che la sfida del governo del Paese si può vincere solo rimettendo al centro i bisogni di chi è rimasto indietro: la Calabria è, in questo momento, ultima fra gli ultimi.

Persino l’impegno del governo centrale, per nulla scontato, salverà la nostra regione se, per dirla con Umberto Caldora, non saremo capaci di rinnovare la nostra classe dirigente: sino a quando le elezioni si faranno sulla base delle clientele, sino a quando i calabresi non indicheranno con libertà e coscienza i loro rappresentanti, tutto andrà come prima, peggio di prima.

Per fortuna ne parlano in pochi, meno ancora nella mia regione.

(nella foto Umberto Caldora)