Dal pastrano di Gogol
4 Gennaio 2016
Ad un certo punto della tua vita decidi che è giunto il momento di partire. Chiudi lo stomaco nella valigia, leghi forte gli affetti e vai via.
Dev’essere successo più o meno così a Gogol’, quando nel 1829 decise di lasciare Pietroburgo, dopo la disastrosa esperienza del Ganc Kjuchel’garten, idillio in versi stroncato dalla critica. Certamente così è capitato ai giovani allievi di molte terre che nello scorso ottobre hanno rappresentato lo spettacolo “Memorie di un pazzo”, andato in scena con successo al Teatro delle Passioni di Modena fra il 1 e il 15 ottobre.
La pièceteatrale, liberamente tratta dalla celebre raccolta di Pietroburgo, produzione Italo-georgiana, ha visto in scena la straordinaria forza di otto bravi attori, diretti da Levan Tsuladze, direttore del Kote Marjanishvili State Drama Theatre di Tblisi. In scena la follia di Poprishchin (Massimo Scola), l’ironia della storia scritta sulla carta stampata, la visione sognante di chi trova occasione di fare cinemaprima ancora della macchina da presa.
Siamo tutti usciti dal pastranodi Gogol’ andava dicendo Dostojevskij e ci sembra davvero di assistere all’epifania di quella pietà dignitosa di certi personaggi del maestro: personaggi scontornati da una luce bianchissima in bilico fra verità e finzione manifesta.
Come fa notare Landolfi, nell’introduzione Rizzoli aiRacconti di Pietroburgo, Gogol’ si trova più direttamente a confronto con la sua vera materia, col suo incolmabile vuoto cui cerca invano di attribuire consistenza formale, come invano seguiterà a fare fino alla fine.
Ecco, nonostante il nostro piglio di spettatori, è proprio quando lo spettacolo assume i suoi tratti più formali, quando l’osservazione diventa minuziosa che l’illusione del teatro si allontana, risolvendosi in una libertà impossibile.
Il mio occhio, come quello del protagonista, resta legato alla ricerca di Maggy, che nel racconto del maestro russo è la cagnetta della figlia del capufficio, mentre nello spettacolo è l’assistente della diva del cinema, che presta la voce al cagnolino parlante della bella padrona. L’esuberante Maggy, interpretata da Roberta De Stefano, innamoratasi di Poprishcin, lo cerca, prova a curarlo nella malattia, diventa l’unico sonante richiamo ad una realtà che vanifica gli sforzi.
Realtà e sogno fanno notizia, lo spettatore non capisce più quali immagini siano reali, quali invece frutto del desiderio del protagonista. Un separé ci aiuta a marcare il fuori e il dentro, uno specchio ci confonde, o forse avviene il contrario. Ad ogni modo la tortura del dettaglio resta l’unico modo per raccontare, per tornare a separare ragione e torto. Il piccolo impiegato e il Re di Spagna, Ferdinando VIII trovano spazio sulle stesse gazzette.
Alla fine dello spettacolo saluto Roberta De Stefano, chiacchieriamo assieme. Sono passati più di dieci anni. Lei, già bravissima attrice, è diventata una straordinaria professionista, io spero di essere rimasto un attento spettatore.
Non possiamo essere tutto, ma si può provare a restare noi.
Grazie Roberta, felice 2016 a te e a chi ha letto.
MEMORIE DI UN PAZZO
di Nikolaj Gogol’
regia LEVAN TSULADZE
conZura Berikashvili, Roberta De Stefano, Eleonora Giovanardi, Ana Grigolia, Nika Kuchava, Leonardo Lidi, Koko Roinishvili, Massimo Scola
coreografiaGia Marghania
costumiNino Surguladze
adattamento musicaleZurab Gagloshvili
assistente alla regiaNino Kalandadze
direttore tecnicoRobert John Resteghini
direttore di scenaSergio Taddei
macchinistiAndrea Bulgarelli, Sergio Puzzo
elettricistaVincenzo De Angelis/ Flavio Bertozzi
fonicoAlberto Irrera
attrezzistaElena Giampaoli
scene realizzateda Gioacchino Gramolini e Sergio Puzzo nel laboratorio di
Emilia Romagna Teatro Fondazione
Spettacolo in italiano e georgiano con sovratitoli in italiano
apparso su asteriscoduepuntozero